Luogo: Salerno, Fratte, Via Nicola Buonservizi, 25
Autore: Paolo Portoghesi, Vittorio Gigliotti
Cronologia: 1969 | 1974
Itinerario: Spazio sacro e memoria
Uso: Chiesa
La Chiesa parrocchiale della Sacra Famiglia è situata nel quartiere Fratte, nato sul finire del XIX secolo a seguito della forte crescita industriale della città di Salerno. L’attuale edificio nasce in sostituzione di una chiesa tardo ottocentesca, demolita per la realizzazione di uno svincolo autostradale a metà degli anni Sessanta del Novecento. L’incarico è affidato dal Parroco all’ingegnere salernitano Vittorio Gigliotti, il quale coinvolge immediatamente l’architetto Paolo Portoghesi, con cui condivide lo studio nella capitale e con il quale ha già sviluppato numerosi progetti e realizzazioni. I due progettisti ricevono l’incarico nel 1969, l’anno successivo inizierà il cantiere che si protrarrà per quattro anni. I lavori, a meno di alcune finiture, saranno conclusi nel 1974, anno in cui la Chiesa è consacrata.
Il progetto prevede, oltre alla chiesa, i servizi parrocchiali e la sistemazione dello spazio esterno, in cui trova posto anche un cortile gradonato per le funzioni all’aperto.
L’articolazione spaziale contempera elementi architettonico-formali con significati di tipo simbolico. L’edificio è generato da sei polarità circolari distinte in due diverse categorie: tre si propagano con intensità diversa generando la copertura dell’aula, le altre tre svolgono la funzione di argini, innalzandosi dal limite della copertura e rivolgendo la loro concavità verso l’esterno. A questi diaframmi è inoltre demandata la definizione dello spazio aperto circostante.
I servizi parrocchiali, leggermente defilati rispetto alle polarità che generano l’invaso dell’aula, concorrono alla ritmicità del complesso grazie all’articolazione in setti con arcuati concentrici allo spazio per le celebrazioni all’aperto.
L’interno è informato ai criteri dettati dalla riforma liturgica del Concilio Vaticano II, conclusosi nel 1965. Si presenta come un ambiente unico, fluido, definito dalla scansione della copertura in calcestruzzo armato generata dall’intersezione di anelli concentrici. L’altare assume una posizione centrale, secondo i dettami della riforma conciliare. La centralità è enfatizzata dalla presenza di un occhio circolare che consente l’entrata di luce naturale; l’apertura a soffitto, similmente agli altri elementi, genera un sistema di anelli che intersecano ascensionalmente le altre superfici generatrici.
Un’altra polarità è definita dal tabernacolo, non più posto alle spalle dell’officiante ma traslato all’interno di uno spazio dedicato. La cappella dell’eucarestia presenta sviluppo cilindrico, anch’essa dotata di un’apertura circolare a soffitto, non visibile dall’aula, che illumina enfaticamente la scultura in ottone del tabernacolo.
Gli anelli che compongono la copertura sviluppano una superficie in aggetto di venticinque centimetri ciascuno, presente in intradosso e in estradosso. Tale scansione, quando non incontra la convessità dei tre setti principali, si riverbera sul sistema di chiusura verticale, generando superfici scalettate che, mantenendo la geometria, talvolta cambiano consistenza, trasformandosi in elementi vetrati dai quali permea luce naturale.