Luogo: Venezia, Campo Santa Maria Formosa, 5252
Autore: Carlo Scarpa
Cronologia: 1961 | 1963
Itinerario: I Giardini del passato prossimo
Il palazzo che oggi ospita la Fondazione Querini Stampalia, costruito tra il primo e il secondo decennio del XVI secolo, costituisce una quinta scenografica per il Campo di Santa Maria Formosa. Nel tempo, l’edificio è stato oggetto di numerosi interventi, spesso non coordinati da un progetto unitario, che ne hanno modificato l’aspetto: tra questi, la costruzione di un ponte verso la Chiesa di Santa Maria Formosa attorno al 1700 e la sopraelevazione di un piano tra il 1789 e il 1797. Nel XIX secolo non furono invece apportate ulteriori modifiche significative.
Alla morte del conte Giovanni Querini Stampalia nel 1869, secondo le disposizioni testamentarie da lui espresse, il palazzo, insieme a tutti i suoi beni, inclusa una ricca biblioteca, divenne la sede della fondazione da lui istituita nel 1868.
Nel 1949, la Fondazione incaricò l’architetto Carlo Scarpa di progettare il restauro del piano terra e del giardino, allora in stato di grave degrado e soggetti a frequenti allagamenti. I lavori, diretti da Giuseppe Mazzariol, iniziarono nel 1959 e si conclusero nel 1963. Scarpa eliminò gli interventi ottocenteschi, consolidò le murature e avviò una trasformazione radicale, espressione di una raffinata sperimentazione architettonica. L’intervento, di rottura per l’epoca, caratterizzato da una raffinata ricerca e sperimentazione sui dettagli, mirava a conciliare la conservazione della casa-museo al piano nobile con la creazione di nuovi spazi espositivi e culturali al piano terra.
Scarpa individuò tre interventi chiave, oltre al restauro complessivo: il nuovo ingresso con il ponte di accesso, la sistemazione della fondamenta e del portego (oggi Aula Gino Luzzatto) e la trasformazione del giardino.
L’elemento protagonista nell’opera di Scarpa fu l’acqua, concepita non come un ostacolo, ma come parte integrante dell’architettura. Contrariamente ad approcci successivi che cercarono di escluderla, Scarpa accolse l’acqua alta e la integrò negli ambienti del piano terra con grande sensibilità progettuale. L’acqua alta viene contenuta e governata, usata come materiale luminoso e traslucido per creare giochi di riflessi e trasparenze per valorizzare gli ambienti. Nonostante la presenza dell’acqua i visitatori possono comunque usufruire di tutti gli spazi senza limitazioni grazie ai percorsi rialzati.
Questo costante dialogo tra esterno e interno, tra città e edificio, è uno degli elementi fondanti del progetto scarpiano. L’acqua entra dall’esterno negli spazi attraverso paratie che corrono lungo i muri interni e si ritrova in giardino.
Il giardino, ricavato da un piccolo spazio verde incastrato tra alti palazzi e da una corte scoperta utilizzata come magazzino, si configura come un orto chiuso, circondato da un muro che richiama suggestioni giapponesi. Il muro, alto circa un metro, è realizzato in laterizio su due lati e in cemento sugli altri, con tessere musive dorate e argentate di Mario De Luigi incastonate nella superficie.
Anche nel giardino, l’acqua assume un ruolo centrale, richiamando la disposizione dei giardini islamici e medio-orientali, con fontane poste ai lati opposti dello spazio. Qui Scarpa integrò gli elementi architettonici con l’acqua e con l’uso della luce, definendo un sistema coerente di percorsi e superfici. I camminamenti in cemento e pietra, intervallati da fontane, articolano i diversi ambiti del giardino.
Una canaletta in pietra, che corre lungo il bordo del prato rialzato, collega una fontanella a forma di labirinto a un secondo punto d’acqua, in prossimità di un pozzo in pietra d’Istria. Un piccolo canale ospita, alle sue estremità, due labirinti scolpiti rispettivamente in alabastro e in pietra d’Istria.
L’acqua nel giardino non è solo fluida, ma anche immobile. Scarpa ha progettato due stagni: uno con acqua limpida presenta un fondo riflettente, il secondo, con acqua scura, è coperto di ninfee, che ne limitano la visibilità in profondità.
All’interno del giardino si conservano alcuni elementi lapidei antichi o legati alla tradizione veneziana, tra cui una fontana, un leone gotico e alcuni capitelli. Questi reperti, già presenti in situ, sono stati integrati nel nuovo assetto come punti di riferimento visivo. Il muro di recinzione, in parte realizzato in cemento, è decorato con tessere musive di Mario De Luigi in foglia d’oro e d’argento.
Il giardino ospita un’ampia varietà vegetale. Al centro, su un prato geometrico, si trovano un ciliegio, una magnolia e un melograno. In una zona più riparata si trovano piante mediterranee, come il mirto e una Feijoa sellowiana. Lungo il perimetro crescono rampicanti, tra cui edera e gelsomino, insieme a diversi cespugli fioriti. Nell’acqua di uno degli stagni è collocata una pianta di papiro, con richiami simbolici alla biblioteca fondata da Giovanni Querini Stampalia, alla storia commerciale di Venezia con l’Egitto e alla stessa vocazione editoriale della città.
L’intervento di Scarpa ha costituito un punto di riferimento anche per le successive trasformazioni degli spazi della Fondazione, come quelle curate da Valeriano Pastor negli anni Ottanta, da Mario Botta negli anni Novanta e da Michele De Lucchi nel 2015, che hanno proseguito l’opera di riorganizzazione, adeguandola alle esigenze contemporanee.