Casa Esagono

Luogo: Piombino (LI), località Baratti
Autore: Vittorio Giorgini
Cronologia: 1956 | 1957
Itinerario: L’architettura contemporanea nel paesaggio
Uso: Casa vacanza, Sede dell’associazione B.A.Co. – Archivio Vittorio Giorgini

Immersa nel bosco in prossimità del golfo di Baratti sorge la casa per le vacanze estive, immaginata e costruita per se e la sua famiglia dall’architetto Vittorio Giorgini.

Un edificio innovativo posizionato totalmente al di fuori dai circuiti dei luoghi di villeggiatura che andavano consolidandosi negli anni Cinquanta. Lo stesso Giorgini nel 1960  realizzerà, a pochi metri di distanza dalla sua, una residenza di villeggiatura altrettanto innovativa commissionata  dalla famiglia Saldarini.

Realizzato interamente in legno l’edificio è impostato su sei pilastri agganciati ad  altrettanti plinti in cemento armato. La struttura interamente prefabbricata, prende origine dall’aggregazione di sei cellule di forma esagonale disposte radialmente intono ad un nucleo della medesima forma.

Il rigore geometrico informa tutto il progetto, dall’impianto generale ai dettagli delle finiture e dell’arredo. il modulo esagonale si ripete nel disegno di tutti gli elementi planimetrici, come Il blocco centrale che ospita la scala a chiocciola unico accesso all’abitazione. I plinti di fondazione e lo spazio pertinenziale, da questi definito. Questa porzione di terreno pavimentato con lastre di pietra e ciottoli è l’unica zona esterna trasformata, il resto dello spazio esterno mantiene le caratteristiche di macchia mediterranea.

Il modulo centrale contiene la scala e svolge la funzione di spazio di distribuzione per tutti gli ambienti della casa. I sei moduli radiali ospitano le diverse funzioni, nel progetto originale tre erano adibiti a camere da letto due a spazi comuni e uno simmetricamente diviso in due per ospitare bagno e cucina.

L’accesso all’abitazione, essendo collocato a pavimento, avviene attraverso una botola composta da quattro spicchi dell’esagono destinato al corpo scala. I quattro elementi possono essere ribaltati verso l’interno e bloccati con delle catenelle al parapetto.

Gli arredi, ormai perduti, erano appositamente disegnati per inserirsi in modo armonico tra gli angoli formati dalle pareti. Testimonianza della configurazione interna originaria, sono diverse fotografie di cantiere e disegni di progetto, attualmente conservati all’interno della stessa casa presso l’Associazione “B.A.Co. – Archivio Vittorio Giorgini”.

Pavimento e soffitto presentano un disegno speculare realizzato con assi di legno preassemblati. Le pareti sono scandite da una partizione modulare su base quadrata evidenziata dall’utilizzo di due diverse essenze, all’interno dei moduli quadrati trovano posto le aperture.

La struttura lignea è realizzata con elementi seriali assemblati a secco. Ogni modulo appoggia su un pilastro costituito da quattro elementi fissati superiormente ad una pedana lignea, che costituisce il piano di calpestio, gli stessi sono collegati ai plinti di fondazione tramite cerniere sferiche in metallo. Le pareti, montate dopo la posa in opera di tutti i pilastri e quindi del piano pavimentale, sono realizzate con pannelli in legno anche essi prefabbricati e dotati di aperture e pannelli oscuranti. Originariamente il volume si presentava del colore del legno con cui è costruito e a coronamento presentava un canale di gronda in stagno per il deflusso dell’acqua piovana.

Il piano pavimentale assemblato a secco prima del  montaggio e costituito da moduli esagonali montati sui pilastri, ogni modulo è irrigidito da un sistema di doppia nervatura al di sopra della quale sono inchiodati gli assi del pavimento.

I due moduli adibiti agli spazi comuni ospitavano: il primo, la sala da pranzo all’intero della quale trovano posto panche fisse lungo tre lati e un grande tavolo esagonale – ormai perduto – intorno al quale potevano trovare posto dalle sei alle dodici persone; il secondo aperto su tre lati ospita la terrazza dalla quale si può godere della vista del golfo di Piombino.

Foto di Simone Mizzotti
Testo di Luciano Antonino Scuderi