Luogo: Ravenna, Via Alfredo Baccarini, 3
Autore: Marco Dezzi Bardeschi, Maria Grazia Brunetti; Otello Mazzei (collaboratore); Alessandro Melani (strutture)
Cronologia: 1978 | 1984
Itinerario: Costruire sul costruito
Uso: biblioteca e spazio espositivo
La Manica Lunga è il nucleo più antico della biblioteca, si affaccia su due corti minori, che la fiancheggiano una sul lato destro e una sul lato sinistro e risale ai primi anni del Cinquecento.
Originariamente era destinata alla libreria dei monaci camaldolesi, ma ha subito nel corso dei secoli diversi adattamenti e deterioramenti. Prima del restauro, l’edificio versava in condizioni critiche a causa dell’umidità, del sovraccarico strutturale e dell’infissione di supporti per scaffalature.
Con il progetto di restauro, affidato all’architetto Marco Dezzi Bardeschi, è stato effettuato il consolidamento strutturale, con interventi mirati a rafforzare i pilastri di fondazione, i voltoni e gli arconi; il recupero degli spazi non finiti, destinandoli a sale di consultazione ed esposizione; la tutela dei materiali originali, adottando tecniche di restauro conservative, privilegiando il mantenimento dei materiali originali e limitando al minimo gli interventi invasivi; la valorizzazione del patrimonio storico, restituendolo alla città e mettendo in luce le caratteristiche architettoniche originali dell’edificio.
Il restauro si è articolato in una prima fase di analisi preliminare in cui sono state condotte accurate indagini diagnostiche per valutare lo stato di conservazione dell’edificio e individuare le criticità.
Successivamente è stato elaborato un progetto di restauro, che ha tenuto conto degli aspetti storici, architettonici e strutturali dell’edificio. In seguito sono stati eseguiti i lavori di consolidamento strutturale, risanamento dei materiali, senza ripristino degli intonaci, in modo da garantire la lettura delle stratificazioni e dei segni del tempo e sono stati realizzati nuovi allestimenti interni, destinati ad accogliere le collezioni della biblioteca e a favorire la fruizione da parte del pubblico.
Tutti gli interventi sono stati eseguiti nel rispetto dei criteri di autenticità e di reversibilità, privilegiando il mantenimento dei materiali originali e limitando al minimo gli interventi invasivi.
La sala delle otto colonne ha subito nel corso dei secoli diversi adattamenti e deterioramenti ed è uno degli ambienti più significativi del progetto, dove oltre al consolidamento strutturale e al recupero degli spazi, particolare attenzione è stata dedicata a elementi specifici come il pavimento a mosaico e le colonne bizantine di recupero.
La pavimentazione a mosaico è stata realizzata a cura della professoressa Grazia Brunetti, con ciottoli di fiume, vetro frantumato di recupero, granito e ottone, sulla base di una tessitura paleocristiana. Il disegno del pavimento ripropone una sorta di carta geografica, un globo terracqueo con le orbite dei pianeti del sistema solare.
Elementi di grande interesse nella sala delle otto colonne sono le due colonne bizantine di recupero. Le colonne monolitiche di granito con capitelli di spoglio sono state inserite nella sala in apposite vasche a disegno circolare che integrano il disegno della pavimentazione a mosaico e consentono la visibilità delle basi delle colonne, più alte dell’ambiente.
Tutti gli ambienti, riprogettati e resi fruibili per il pubblico, sono stati allestiti con elementi architettonici temporanei, privi di fissaggi alle strutture antiche ed evidentemente differenziati dalla preesistenza, grazie al design con riferimenti a simboli astrologici e monastici e alle scelte cromatiche verdi e blu.
Tutte le scelte di restauro, progettazione architettonica e allestimento sono dunque volte alla conservazione, valorizzazione, comprensione e leggibilità delle varie stratificazioni storiche.