Luogo: Saint-Rhémy-en-Bosses, Aosta
Autore: Giorgio Dardanelli; Aldo Frazet, Aurelio Vacceno (impianti)
Cronologia: 1957 | 1964
Uso: Infrastruttura
Già valutata dai primi anni del Novecento, l’esigenza di connettere l’Italia alla Svizzera con un collegamento rapido che consentisse il passaggio in sicurezza tra i due Paesi anche nei mesi invernali è la motivazione che porta alla nascita di una delle più complesse ed eleganti infrastrutture costruite a cavallo tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta. Il primo passo legato alla realizzazione dell’opera è la costituzione, nel 1951, in Italia e in Svizzera, di due sindacati promotori dell’iniziativa. A seguito della forte partecipazione alle attività di promozione, nel 1957 i due Paesi concludono i confronti diplomatici che portano, l’anno successivo, alla firma di una convenzione tra la Repubblica Italiana e la Confederazione Elvetica per la concessione di costruzione ed esercizio della galleria del Gran San Bernardo (E. Goffi, A. Pezzini 1964).
L’infrastruttura, che collega il cantone svizzero del Vallese e la Valle d’Aosta, consta di una galleria scavata sotto l’omonimo passo alpino, lunga quasi sei kilometri e di raccordi autostradali per la lunghezza di quasi dieci kilometri sul territorio italiano (C. Barioglio 2011). L’interesse per una rapida realizzazione dell’opera porta molto velocemente alla costituzione della “Società Italiana per il Traforo del Gran San Bernardo” conosciuta con la sigla S.I.TRA.S.B. La Società si costituisce nel 1957 ed è composta per la metà da enti pubblici tra cui la Provincia di Torino, la Città di Torino e la Regione Autonoma della Valle D’Aosta e per la restante metà dalla FIAT s.p.a. Similmente per la parte svizzera si costitusce una società a prevalente partecipazione pubblica denominata “Tunnel du Grand-St-Bernard S.A.”, TGSB S/A (E. Goffi, A. Pezzini 1964).
Il progetto dell’opera è affidato all’ingegnere piemontese Giorgio Dardanelli, già professore presso il politecnico di Torino e da poco membro della divisione Costruzioni e Impianti della FIAT, presso la quale resterà per diversi anni, contribuendo alla realizzazione di numerose opere infrastrutturali. Il progetto della galleria prende forma su due soluzioni, la cui differenza sostanziale è la quota d’imposta della galleria rispettivamente a m 1.875 e a m 1.600 s.l.m. La differenza di quota comporta una sostanziale variazione della lunghezza del traforo, che sarebbe stata di quindici kilometri per la soluzione con l’ingresso a quota più bassa e poco meno di sei kilometri per la soluzione con l’ingresso a quota più alta, per la quale si decise di propendere anche per garantire una migliore areazione del tunnel.
I lavori iniziano con lo scavo del tunnel realizzato contestualmente sia sul fronte italiano che sul fronte svizzero. L’altezza dell’imbocco e la natura geologica del monte rendono necessarie numerose operazioni preventive per la realizzazione del cantiere. L’incontro tra i due cantieri avviene nel 1962, il completamento dei lavori e l’inaugurazione dell’opera nel 1964. Il tunnel completo prevede la distribuzione del traffico veicolare su due corsie costeggiate da marciapiedi per una sezione di nove metri. Lungo l’estensione del traforo trovano posto sette piazzole di emergenza, in corrispondenza delle quali la sezione si amplia di ulteriori cinque metri. L’ingresso al tunnel sui due lati era inizialmente preceduto da uffici doganali e da apposite strumentazioni per il controllo dell’afflusso veicolare all’interno della galleria.
Il controllo dell’afflusso e della corretta areazione del tunnel avviene per mezzo di apposite strutture centralizzate, previste fin dalla fase di realizzazione e aggiornate con gli anni. Una corretta areazione del traforo si è ottenuta con la realizzazione di due camini di ventilazione sul tronco svizzero: gli ingegneri Frezet e Vacceno furono incaricati della progettazione dei sofisticati impianti tra cui l’impianto di ventilazione a camino, che prevedevano oltre ai due camini già citati, un camerone per i ventilatori a metà galleria e una distribuzione uniforme di bocchettoni per immissione e ripresa di aria (E. Goffi, A. Pezzini 1964). Ancora per ragioni di sicurezza è stato sempre attivo un conteggio dei veicoli presenti e di un sistema di monitoraggio per la sicurezza con punti SOS distribuiti in nicchie su tutto il percorso.
La scelta di posizionare l’accesso del tunnel a una quota molto elevata ha comportato la realizzazione di un consistente tratto di raccordo autostradale. Tale dotazione infrastrutturale ha richiesto un notevole impegno ingegneristico: in primo luogo per l’organizzazione dei percorsi su un terreno con forti differenze di quota e in secondo luogo per la protezione di questi percorsi dalle precipitazioni nevose nel periodo invernale.
Il tratto di raccordo che precede l’accesso al tunnel è interamente realizzato con struttura in calcestruzzo armato ed è coperto da una soletta per evitare l’innevamento delle corsie o l’interruzione causata da eventuali slavine o frane. I fenomeni franosi sono arginati anche dalla realizzazione di un importante sistema di sbarramenti e piazzole. Il percorso è sorretto da pilastri fondati a diverse altezze, irrigiditi da travi orizzontali, la copertura del percorso è realizzata con una soletta in calcestruzzo, predisposta per sorreggere grandi carichi accidentali, dove possibile direttamente collegata al costone roccioso (E. Goffi, A. Pezzini 1964).
L’opera si aggiudica il prestigioso premio IN/ARCH 1964. La commissione riporta tra le motivazioni del riconoscimento, non soltanto la perizia tecnica con cui l’opera è stata realizzata ma anche e soprattutto l’interessante dialogo che questa riesce a intrecciare con il contesto paesaggistico dell’arco alpino. La commissione riferendosi ai piloni sui quali sono innestati i raccordi autostradali scrive: “sorgono con spontaneità modulata dalle pendici fiorite e dai greti scoscesi o, col volgere delle stagioni, dai dirupi nevosi per elevarsi alle forti travate superiori che reggono l’impalcato”.
I lavori del raccordo autostradale iniziano nel 1959, i pilastri di sostegno sono realizzati in calcestruzzo armato con casserature autoportanti. Uno dei punti più interessanti dello sviluppo del percorso è il viadotto in curva realizzato in località Pramollé, sorretto da centodieci telai con altezza variabile fino a un massimo di diciannove metri, fondati su pali interrati della stessa altezza.