Luogo: Trieste, Opicina, Via di Conconello 16
Autore: Marcello D’Olivo con Adelsi Bulfoni e Edoardo Belgrado, Silvano Zorzi (strutture)
Cronologia: 1949 | 1957
Itinerario: Progettare il mutamento
Uso: Centro ecumenico
Il Villaggio del Fanciullo nasce nel 1948 sull’altopiano del Carso nel quartiere Opicina, presso Trieste, grazie ad una idea di Mario Shirza, sacerdote friulano di ritorno dagli Stati Uniti, che matura l’idea di un villaggio per ospitare gli orfani di guerra triestini con un modello diverso rispetto alle case di rieducazione. Il progetto otterrà l’approvazione del Vescovo e verrà sostenuto economicamente da donazioni di enti benefici, italiani e statunitensi, da una raccolta di fondi pubblica e da personalità politiche italiane. Il primo nucleo è una piccola villa degli anni Venti acquistata e ristrutturata dallo stesso Shirza con la collaborazione del confratello Teseo Furlani. Grazie agli impulsi provenienti da realtà assistenziali simili alla costituenda struttura, si sviluppa il pensiero di un complesso aperto all’ambiente circostante, differente dai modelli tradizionali del collegio.
Marcello D’Olivo è contattato direttamente da Shirza che gli affiderà il progetto di ampliamento della originaria struttura, intorno agli inizi degli anni Cinquanta. L’architetto, in quel periodo, è già presente nella città di Trieste, dove con lo studio DBB (composto dallo stesso D’Olivo e dai colleghi Belgrado e Bulfoni) aveva già costruito altre strutture per enti religiosi.
A seguito dell’incarico D’Olivo e i committenti si recano in Svizzera per effettuare la visita al Villaggio Pestalozzi di Trogen, costituito nel 1946 per ospitare orfani di guerra, che ispirerà le linee funzionali dell’edificio da realizzare a Trieste.
Il complesso è articolato in blocchi edilizi separati e caratterizzati da diverse funzioni. Nel 1957 saranno completati il ristorante, il padiglione principale adibito a dormitori e aule, tre nuclei abitativi e la tipografia. La grande piazza centrale, attualmente occupata dai campi sportivi, è delimitata a nord-ovest dal padiglione delle aule e a sud dal blocco del ristorante. Quest’ultimo è senza dubbio l’edificio più rappresentativo di tutto il complesso. Il blocco è impostato all’interno di una maglia quadrata che informa l’intero complesso: due volumi con pianta quadrata differenziati sia per ingombro planimetrico che per sviluppo altimetrico, collegati sulla congiungente delle diagonali.
L’edificio del ristorante è costruito in cemento armato. La conformazione volumetrica dei due blocchi a pianta quadrata è il risultato dell’intersezione di tronchi di piramide, dalla quale prende forma la configurazione dei pilastri che assumono una caratteristica sagoma a doppia inclinazione. Le ardite articolazioni volumetriche, e le relative soluzioni strutturali, caratterizzano la gran parte delle realizzazioni di D’Olivo, che spesso si affiancherà ad importanti strutturisti, come ad esempio Silvano Zorzi, con il quale collaborerà per la realizzazione delle piastre per l’edificio della tipografia.
Le distribuzioni verticali del ristorante sono collocate in prossimità del centro dei due quadrati, punto di innesto del volume costruito sulla congiungente delle diagonali.
Tutti gli elementi dell’edificio sono impostati sulla maglia quadrata inclinata di quarantacinque gradi. Su questo modulo geometrico sono disegnate le sagome delle travi, i basamenti, gli sporti, fino agli elementi di finitura come le ringhiere delle scale.
Gli infissi sono disposti in fascia continua lungo i prospetti e ne seguono l’inclinazione. Sono impostati su maglie appositamente disegnate per concorrere alla configurazione delle diverse facciate. I sistemi tecnologici utilizzati, ottimizzati per le sagome dell’edificio e per la funzione degli ambienti, sono il bilico e il vasistas.
Tra gli altri edifici che compongono il complesso, di fondamentale importanza sono i luoghi adibiti alla produzione. Realizzati successivamente al blocco del ristorante, la tipografia e le officine erano pensate per garantire agli ospiti la possibilità di svolgere delle attività produttive, finalizzate all’emancipazione degli individui dalla condizione di assistiti. Il blocco delle officine, di cui è stato realizzato soltanto un settore, presenta un andamento lineare a base rettangolare, espandibile longitudinalmente. Gli alzati si sviluppano su due livelli, illuminati da ampie finestrature, il livello superiore presenta una sezione a sbalzo su entrambi i lati, la sagoma del prospetto è scandita da sezioni ad altezza differente che si alternano ritmicamente.
La residenza degli ospiti si suddivideva in due zone del complesso: nel padiglione centrale e in tre blocchi abitativi a pianta quadrata posizionati alle spalle del ristorante.
L’esteso periodo di realizzazione del complesso è fortemente legato ai cambiamenti socio-politici del dopoguerra che incisero in modo particolare sulla città di Trieste. A tali condizioni sono ascrivibili anche i flussi di fondi che consentirono la progressione del cantiere e il funzionamento del complesso. Ultima azione di Marcello D’Olivo per il Villaggio del Fanciullo sarà il nuovo progetto per il padiglione centrale che verrà costruito tra il 1955 e il 1957