Luogo: Trieste, San Sabba, rione Servola, via Luigi Palatucci, 5
Autore: Romano Boico
Cronologia: 1967 | 1974
Itinerario: Spazio sacro e memoria
Uso: Monumento Nazionale, Museo
Lo stabilimento per la lavorazione del riso, costruito alla fine dell’Ottocento, è tristemente noto per essere divenuto nel 1943 l’unico lager nazista in territorio italiano nel quale fu istallato un forno crematorio, realizzato riadattando l’essiccatoio, ormai abbandonato. Nel 1945 il forno crematorio fu fatto saltare in aria dai tedeschi in ritirata. Nel 1965 una parte dell’edificio viene vincolata dallo Stato per il suo interesse storico e in seguito dichiarata Monumento Nazionale. A seguito di questi eventi, nel 1966, il comune di Trieste bandisce un concorso nazionale per la progettazione di un “Museo della Resistenza”, limitando l’area di intervento alle parti vincolate. Il concorso si conclude nel 1968 con la segnalazione di tre progetti ma senza nessun vincitore. Sebbene il concorso non prevedesse due fasi, la commissione non proclamò un vincitore a causa della proposta provocatoria di uno dei tre finalisti, Romano Boico, che presentò un progetto dal titolo “Assurdo”, espandendo l’area di intervento a tutti gli edifici dell’ex lager e non limitandosi soltanto alla parte vincolata. I tre finalisti, Romano Boico, Costantino Dardi e Gianugo Polesello, furono quindi invitati alla redazione di un progetto approfondito sull’area complessiva dello stabilimento. Il progetto vincitore al secondo grado, decretato nel 1969, sarà quello di Boico.
Seguendo il bando di concorso, Boico non realizza nuovi edifici ma si limita a racchiudere le costruzioni con un recinto in calcestruzzo armato a vista alto quindici metri, l’accesso avviene attraverso due lembi del recinto distanti tra loro tre metri per una lunghezza di quarantacinque metri. Tutti gli interventi proposti e realizzati veicolano la percezione dello spettatore, suggerendo le sensazioni di angoscia e di oppressione legate alle vicende avvenute all’interno delle mura.
Attraversato il blocco principale dell’ex-mulino si accede al grande cortile sul quale si affacciavano gli ambienti che ai tempi del lager ospitavano celle, dormitori e mensa. Al centro del cortile trovavano posto il forno crematorio e la ciminiera, in luogo della quale è stata posta una scultura realizzata in spezzoni di profilati di acciaio, saldati tra loro a formare una spirale per rievocare l’andamento del fumo. La scultura in acciaio progettata dallo stesso Boico, dal titolo “Pietà P.N. 30”, è, nell’intento dell’autore, dedicata a tutte le vittime della guerra, ai morti, ai sopravvissuti e persino agli artefici dello stesso eccidio, in quanto vittime di una furia omicida insensata e inspiegabile.
Il dialogo tra nuovi inserimenti e preesistenze è giocato sul rapporto tra sottrazione e addizione. L’addizione è utilizzata per rievocare presenze fisiche e psicologiche non più presenti: il pavimento realizzato in lastre di arenaria sostituisce la pavimentazione originaria in contrasto con la vetustà dei fronti, un solco tiene leggermente in sottosquadra la traccia del forno crematorio e del percorso del fumo che portavano alla ciminiera. I volumi fatti saltare in aria dai tedeschi in ritirata, sono segnati da una pavimentazione in lastre di metallo.
Voltando le spalle al percorso di accesso al cortile si guadagna la vista complessiva dell’ex mulino, sul quale è ancora ben evidente la traccia del volume occupato dal forno crematorio. Il tema dell’assenza è sottolineato dall’eliminazione degli infissi e di tutti gli elementi soprammessi. Questa eliminazione, creando una sensazione di vuoto e di vertigine, concorre alla creazione di quella impressione di squallore e smarrimento, legata agli eventi accaduti in quel luogo.
Sempre utilizzando il principio della sottrazione, vengono eliminati gli assiti dei solai interni, lasciando a nudo soltanto le strutture. L’ambiente verrà denominato “sala delle croci” proprio per la presenza di queste strutture, disposte in file orizzontali e verticali, che ricordano le sequenze di croci anonime dei cimiteri militari.
I setti in calcestruzzo che completano il limite esterno del monumento si staccano in modo chiaro e definito dai muri della risiera. Sempre utilizzando il principio della sottrazione, è rimosso il rivestimento a calce del basamento, riportando in luce l’arenaria.
La cappella, dedicata alle diverse confessioni religiose alle quali appartenevano le vittime di cui il monumento vuole mantenere viva la memoria, rappresenta il punto di arrivo del percorso e trova posto all’interno di una rimessa per vetture, utilizzata come camera a gas ai tempi del lager. Le finestre murate sono state mantenute; il tetto ormai fatiscente è stato sostituito e dotato di un lucernaio che consente l’illuminazione naturale dell’ambiente. Proprio l’ambiente della camera a gas è tra le parti che non rientravano nel perimetro messo a bando nel primo grado del concorso.
Uscendo dalla cappella il visitatore deve percorrere a ritroso il tragitto compiuto, ripassando per il cortile e accanto al monumento “Pietà P.N. 30”, per poi riuscire dal percorso stretto tra le due lame di cemento.