Luogo: Cadoneghe, Mejaniga (PD), Via Eugenio Montale
Autore: Giuseppe e Alberto Samonà; Luisa Calimari (collaboratore)
Cronologia: 1980 | 1989
Itinerario: Incontrarsi in città
Uso: edificio per pubblici uffici
Fulcro del progetto per il nuovo Municipio e ufficio postale di Cadoneghe, realizzato sul finire degli anni ’80 da Giuseppe Samonà e suo figlio Alberto, è lo spazio urbano. I nuovi edifici si aprono verso la città, sono concepiti per accogliere il pubblico e le sue esigenze. Gli elementi ricorrenti che compongono la piazza-agorà sono le pensiline leggere, le sedute e le aiuole. I materiali sono il calcestruzzo faccia-vista, l’acciaio, la pietra e il porfido.
Nelle intenzioni iniziali del Comune e nel piano particolareggiato era prevista la realizzazione di un grande nuovo edificio al centro e la demolizione del piccolo edificio ottocentesco preesistente, che fino ad allora aveva ospitato gli uffici municipali. Il progetto di Samonà ribalta questa visione della città volendo portare un vuoto al centro. Questo intervento è infatti prima che un progetto architettonico un progetto urbanistico che vuole dare ai cittadini uno spazio, una identità urbana che prima mancava. La piazza di forma quadrata, scandita dal disegno della pavimentazione, è delimitata ai lati dagli edifici, a loro volta connessi tra loro da una pensilina. L’edificio più alto in adiacenza alla preesistenza è quello municipale, mentre quello più basso ad un solo livello è quello delle poste. I volumi sono permeabili: si accede in diversi punti quasi a rappresentare la vicinanza alle persone dell’ente locale. Il municipio non rappresenta più un’amministrazione lontana dalle persone, ma anzi una moltitudine di uffici a servizio del cittadino. Si passa dall’edificio di rappresentanza all’edificio solidale.
Una delle idee iniziali di progetto è incentrata sul rispetto delle preesistenze: il piccolo edificio ottocentesco, nonostante non fosse di particolare pregio, è stato mantenuto, rispettato e valorizzato nella nuova sistemazione anche laddove il nuovo volume si innesta su di esso. Così allo stesso modo il grande albero al centro del lotto, purtroppo attualmente non più presente, dominava lo spazio centrale della piazza e ha costituito il perno della progettazione delle sistemazioni esterne.
Lo snodo di innesto tra i volumi è stato concepito da Giuseppe Samonà, ormai anziano, in una lunga fase progettuale in cui era solito frequentare il sito, spesso accompagnato dalla moglie storica dell’arte Egle Renata Trincanato. In quel periodo spesso disegnava sul posto vedute prospettiche della futura piazza e il particolare della scala e del vuoto di ingresso tra i due volumi è stato oggetto di una celebre copertina di Casabella del 1983. L’intero processo progettuale fu condiviso con la popolazione e divenne anche oggetto di tema di un corso di laurea dell’Università Federico II di Napoli, divenendo uno tra i primi esempi di progettazione partecipata.
L’articolazione volumetrica si caratterizza per la sobrietà e per l’essere a misura del luogo e dell’uomo. Il calcestruzzo faccia-vista era stato preventivamente trattato con una vernice azzurrina, che oggi purtroppo comincia a risultare ammalorata. La chiarezza compositiva era accentuata dai colori: il grigio ceruleo degli edifici e le diverse tonalità di grigio della pietra e del porfido a terra erano punteggiati ed esaltati dal rosso di tutti gli elementi in acciaio, dai pilastrini delle pensiline ai serramenti variamente disegnati. Le varietà arboree presenti nelle ampie zone a verde e i cittadini che affollavano la piazza la rendevano viva e simbolo di un nuovo modo di fruire la città e dei suoi servizi pubblici.
Le pensiline collegano visivamente e funzionalmente il volume più basso delle poste con quello più alto del Municipio. Esse sono allo stesso tempo architettura e sistemazione esterna e fanno da contrappunto al sistema di sedute e aiuole in calcestruzzo dai forti segni curvilinei.
All’ingresso dell’ufficio postale è collocata la scultura L’albero della vita di Augusto Murer. Questa non è l’unica opera d’arte che fa parte del complesso architettonico, dove si trova anche il calco dall’originale della Mano aperta di Le Corbusier. Urbanistica, architettura e arte si fondono in questo intervento, facendolo diventare un punto di riferimento dell’epoca per la progettazione urbana dei piccoli centri veneti e friulani.