Museo del Ciclismo

Luogo: Magreglio (CO), Passo del Ghisallo, via Adua, 1

Autore: Davide Bergna

Cronologia: 1997 | 2006

Itinerario: Caccia al tesoro

Uso: Museo

Il Ghisallo è un valico posto a poco più di 750 metri sul livello del mare, che si trova lungo la strada che collega Asso con Bellagio, sul versante di Lecco del Lago di Como; la salita che lo raggiunge dal versante di Bellagio è tradizionalmente inserita nel Giro di Lombardia (una delle corse classiche del ciclismo italiano) ed è stata più volte percorsa anche dal Giro d’Italia. Dal 1949 la Madonna del Ghisallo, alla quale è dedicata una piccola chiesa che si trova sul valico, è la Patrona dei ciclisti; il Museo del Ciclismo si trova proprio accanto alla chiesa-santuario, su di un piccolo belvedere, in posizione panoramica.

L’edificio del Museo è caratterizzato da un volume costituito da quattro elementi a pianta trapezoidale di altezza diversa e caratterizzati da coperture ondulate sfalsate tra loro che consentono alla luce di penetrare generosamente all’interno. Le quattro testate affacciate sul panorama sono interamente vetrate e permettono di godere di una bella vista delle montagne che circondano Lecco. Il museo si sviluppa su tre livelli che definiscono uno spazio continuo, articolato e raccolto intorno ad un vano centrale a tutt’altezza.

Il museo è dedicato al ciclismo nella sua dimensione sportiva, in quella amatoriale e nella vita di tutti i giorni. Ricostruisce quindi la storia di una delle pratiche sociali più diffuse ed importanti del nostro Paese, anche attraverso la grande quantità di donazioni fatte al santuario da società sportive e da campioni di tutte le epoche; tra queste, le biciclette usate da Gino Bartali, Fausto Coppi, Francesco Moser e Eddie Merckx  in occasione delle loro vittorie più importanti o le maglie rosa (Giro d’Italia), gialle (Tour de France) e iridate (Campionati del Mondo) indossate dai più famosi esponenti di quello che resta uno degli sport più popolari ed amati del nostro paese.

Testo di Francesca Castelli
Foto di Marco Introini