Luogo: Ivrea, Via Carandini
Autore: Roberto Gabetti e Aimaro Isola, con Luciano Re
Cronologia: 1968 | 1971
Itinerario: Un paese industrioso
Uso: Residenze per dipendenti dell’industria
Il tema dell’industrializzazione del paese investe anche il progetto della residenza. Nell’Ivrea “città industriale del XX secolo”, Gabetti e Isola studiano nuove soluzioni per la collocazione dei dipendenti nei pressi dei luoghi produttivi. In prossimità del complesso ICO gli architetti firmano un noto e innovativo intervento residenziale detto “Talponia”, in ragione del suo essere interamente ipogeo. Sul piano del tetto giardino, infatti, solo l’esile sequenza dei lucernari circolari tradisce la presenza della funzione abitativa sottostante.
Avvicinandosi al bordo del salto di quota, il piano di verde si interrompe per dare spazio a una pavimentazione che coincide con il lastrico solare delle abitazioni sottostanti. Contemporaneamente, questa pavimentazione disegna i limiti di uno spazio urbano, una sorta di piazza-terrazzo che si affaccia su una corte verde posta alla quota delle residenze.
Il limite dello spazio pavimentato si materializza nella forma di una lunga, continua e dinamica balaustra vetrata, il cui passo coincide con quello del partito di facciata, rappresentando nei fatti la prosecuzione del piano vetrato sottostante.
Sporgendosi sul limite dell’affaccio si scorge la facciata vetrata delle residenze: una sequenza continua di case a schiera, accostate a formare una circonferenza ininterrotta, di 70 metri di raggio. In questa soluzione si legge in maniera evidente la citazione attualizzata del noto crescent di Bath, in Inghilterra. La facciata è costituita da una pelle vetrata continua. Le abitazioni seguono lo standard tipologico delle maisonette per lavoratori: le case di 80 metri quadrati sono disposte su un solo livello, mentre quelle di 120 metri quadrati su due livelli.
Di fronte alla facciata curva, quasi a determinare un controcanto, il giardino è modellato a formare una collina che occupa l’invaso della corte circolare, riempendola con una macchia alberata. L’architettura di Gabetti e Isola non indulge in accenti mimetici, eppure consegue qui il massimo dell’integrazione possibile con gli elementi naturali: il verde che la circonda e la terra che la contiene.
Alcuni corpi scala conducono alla corte verde.
La presenza dell’uomo permette di cogliere la grande scala degli elementi che convogliano la luce ai piani sottostanti.
Sul margine nord, la terminazione del piano pavimentato è risolta senza mediazioni. La curva disegnata dagli architetti sbatte direttamente sulla parete rocciosa che la interrompe, risolvendo con un gesto sintetico la difficile tensione che intercorre tra artificio e natura.
Testo di Manuela Raitano
Foto di Altrospazio