Località: autostrada A91 Roma-Fiumicino, Magliana, Roma
Autore: Riccardo Morandi
Cronologia: 1964-1967
Itinerario: Un paese industrioso
uso: ponte autostradale
Il viadotto progettato da Riccardo Morandi per l’autostrada Roma-Fiumicino è intitolato a Franco della Scala, un direttore dell’Anas rimasto vittima dell’attentato terroristico che ebbe luogo nell’aeroporto di Fiumicino nel 1985. Il ponte strallato in cemento armato precompresso è lungo 145 metri ed ha carreggiata larga 24 metri; esso fu il primo di questo tipo realizzato a Roma e l’unico, tra i viadotti strallati di Morandi, che sostiene un tratto stradale curvilineo. Nelle aree ad esso limitrofe furono poi realizzati, al principio degli anni ‘Ottanta, due ponti in ferro, anch’essi strallati ma di tracciato rettilineo, che convogliano i collettori della Magliana. Nell’insieme queste strutture configurano un panorama riconoscibile e di grande impatto espressivo.
La soluzione strallata fu adottata in seguito a una frana che trascinò con sé alcuni piloni dell’autostrada Roma-Fiumicino, allora in via di costruzione. Tra le proposte fatte da Morandi, chiamato a seguito dell’evento, fu scelta quella che permetteva di ridurre al minimo gli appoggi a terra su un terreno geologicamente instabile. Morandi progetta le fondazioni del ponte in modo tale che cadano all’esterno del limite della frana. Dalle antenne centrali partono due coppie di tiranti in cemento armato precompresso: i tiranti rivolti a est (verso Roma) si divaricano e sono ancorati al suolo con possenti contrappesi, non avendo essi la funzione di sorreggere l’impalcato ma solo di controbilanciare le spinte; la seconda coppia di tiranti, rivolta a ovest (verso Fiumicino), aggancia invece la carreggiata nel punto centrale dell’avvallamento creatosi a seguito della frana; da lì, la restante sezione di carreggiata si comporta come una trave con due appoggi, l’uno sul tratto di carreggiata sostenuto dallo strallo e l’altro sulla testata del tratto di viadotto non interessato dalla frana.
I tiranti sono realizzati in cemento armato grazie alla tecnica della precompressione, che permetteva di dare resistenza a trazione a un materiale resistente, per sua natura, alla sola compressione. Ciò consentiva all’ingegnere romano di disegnare strutture molto eleganti perché omogenee dal punto di vista del materiale.
La tecnica della precompressione permetteva a Morandi di lavorare su sezioni molto più ridotte rispetto a quelle che avrebbe ottenuto usando il cemento armato non precompresso, enfatizzando così la snellezza della struttura.