“Costruire e non ricostruire!”: così Ponti invita l’Italia del secondo dopoguerra a rinascere indirizzandola verso una modernità solare e mediterranea, prefigurata da “L’architettura è un cristallo” (1945) e ribadita in “Amate l’Architettura” (1957).
La nuova architettura deve avere una “forma chiusa, finita e immutabile” come quella di un cristallo in natura e, implicitamente, rifiutare il modello internazionale di edificio a “scatola di vetro”, diffuso soprattutto dalla cultura americana. Ponti immagina dunque piante segmentate, i cui alzati hanno spessori sottili, traforati da curtain wall, finestrature o bucature sfaccettate a diamante; spesso, sono rivestiti da cangianti superfici di ceramica mentre il tetto si libra aereo sulla struttura sottostante.
Il grattacielo Pirelli, nato a Milano per l’omonimo gruppo industriale e oggi sede del Consiglio della Regione Lombardia, ne è l’emblema. E “cristalli” subito riconoscibili sono anche la fondazione Garzanti a Forlì, le due abitazioni al quartiere Harar-Dessiè, la chiesa dell’Ospedale San Carlo e palazzo Montedoria a Milano, villa Ercole ad Arenzano e la Concattedrale di Taranto.