Luogo: Napoli, Via John Fitzgerald Kennedy, 54
Autore: Giulio De Luca, Giuseppe Squillante (progetto originario); Giulio De Luca (ricostruzione)
Cronologia: 1938 | 1952; 1990 | 2001
Itinerario: Architetture per la collettività
Uso: arena per lo spettacolo
L’Arena Flegrea è, allo stesso tempo, la prima e l’ultima opera dell’architetto Giulio De Luca, che giovanissimo costruì, dal 1938 al 1940, il più grande edificio della Prima Mostra Triennale delle Terre Italiane d’Oltremare: un teatro all’aperto per spettacoli, concerti e raduni di massa. L’edificio fu inaugurato nel 1952 a causa della II Guerra Mondiale. Venne chiuso al pubblico nel 1980 e successivamente abbattuto, per essere poi ricostruito a partire dal 1990 dallo stesso De Luca, in forme semplificate e stilisticamente aggiornate. Fu nuovamente inaugurato nel 2001 ed è tuttora la più grande arena del Mezzogiorno e la seconda in Italia.
Ispirata ai teatri greco-romani, l’Arena fu orientata nord-sud per motivi tecnici e per utilizzare lo sfondo naturale retrostante. La struttura è quindi in contropendenza e il prospetto attuale si riduce al grande segno del frontone di 114 metri, riferibile alla poetica del beton brut, e alle scalinate di accesso. L’edificio originario simulava una collina artificiale tramite la presenza di tappeti di prato posti tra le scalinate, mentre il frontone presentava un fregio alto 6 metri, opera di Nicola Fabbricatore.
Salite le scalinate, si domina il paesaggio urbano della Mostra d’Oltremare e di tutto il quartiere di Fuorigrotta.
L’interno dell’edificio presenta un grande foyer semicircolare vetrato, che distribuisce il pubblico verso la platea.
Il piano inferiore ricorda gli ambienti interni degli anfiteatri romani, con degli ampi spazi ipogei coperti da volte a sesto ribassato su solidi setti e pareti continue.
Come nell’edificio originario, l’Arena attuale ha una platea “a paletta”, la scena a emiciclo, grosse torri sceniche e corpi laterali. La platea ha una cavea superiore di 3.600 posti e una inferiore di 2.400, alla quale sono collegati due grandi foyer; il paesaggio naturale di sfondo rimanda alle scene dei teatri greci del sud Italia. Anche in questa “versione” di fine Novecento, realizzata ricorrendo al bianco di un unico materiale, il travertino, predomina nell’Arena un quieto aspetto metafisico, stravolto però da tagli obliqui e imbotti inclinati, che proiettano l’edificio nella contemporaneità.
I compatti blocchi laterali in travertino sono sagomati in basso “a dente di sega”, per ragioni acustiche, mentre in alto sono svasati da piani inclinati, che sbloccano la rigorosa simmetria e innescano visuali prospettiche dinamiche e sfuggenti.
Le torri sceniche, rastremate verso l’alto e a pianta romboidale, si offrono allo sguardo in modo sempre diverso, a seconda del punto di vista. Le venature del travertino e le bucature strombate, inoltre, animano questi forti segni architettonici misurandone la scala anche attraverso l’attento disegno di posa dei rivestimenti lapidei.