”La progettazione di una scuola moderna, deve nascere soprattutto dalla ricerca di uno spazio idoneo psicologicamente, oltre che funzionalmente, allo svolgersi dei problemi educativi”. Così scrive Ciro Cicconcelli, vincitore nel 1949 del concorso per un progetto di Scuola all’aperto e poi direttore del Centro studi sull’edilizia scolastica del Ministero della Pubblica Istruzione, che pubblica dal 1954 i quaderni di orientamento scaturiti dal confronto fra architetti e pedagogisti. Un primo traguardo del dibattito sull’istruzione è la riforma della scuola media, che diventa unica e obbligatoria nel 1960. Nello stesso anno, la scuola è il tema di un numero speciale della rivista di architettura “Casabella e Continuità” e della XII edizione della Triennale di Milano. Nel 1968 anche la scuola materna diviene pubblica e nel 1969 l’accesso all’università non è più limitato ai diplomati del liceo classico.

Intanto la crescita demografica e l’urbanizzazione hanno provocato il boom dell’edilizia scolastica, con una media di quasi 800 nuovi edifici all’anno. Nel 1975 sono emanate, con decreto ministeriale, le prime norme tecniche sull’edilizia scolastica, che tengono conto delle indicazioni del Centro studi, concependo l’edificio come “organismo architettonico omogeneo e non come una semplice addizione di elementi spaziali, contribuendo così allo sviluppo della sensibilità dell’allievo e diventando esso stesso strumento di comunicazione e quindi di conoscenza per chi lo usa”. Iniziano in quegli anni le sperimentazioni sulle architetture prefabbricate.

“Università. Progettare il mutamento” è il titolo del n. 423, di “Casabella” del 1977, dedicato al dibattito sulla riforma delle Università, dopo un decennio di contestazioni che, dalla politica, passano alla progettazione architettonica e urbanistica. Gli insediamenti universitari, più degli altri edifici scolastici, per la dimensione, la compresenza di una moltitudine di attività e i consistenti flussi di utenza, rappresentano delle vere e proprie infrastrutture, capaci di modificare radicalmente intere aree. Spesso inseriti nel contesto urbano o in prossimità, se non contiguità, di edifici storici, gli atenei possono però anche condurre una vita completamente autonoma, sotto forma di campus o di città universitarie. Proprio l’autonomia degli istituti è al centro delle riforme sull’organizzazione scolastica e universitaria italiana a cavallo fra XX e XXI secolo, con riflessi anche sulla conformazione dei loro spazi.

L’itinerario consente dunque di riflettere sul ruolo dell’architettura scolastica e universitaria nelle vicende socio-politiche nazionali e sulla sua capacità di progettare il mutamento.

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