La sperimentazione tecnologica e linguistica, uno dei caratteri ricorrenti dell’architettura del secondo Novecento, trova in Carlo Scarpa uno dei protagonisti di maggior rilievo.
Tale aspetto lo porta a distanziarsi dalla maggior parte dei suoi contemporanei, attraverso il rifiuto dell’omologazione, della regola, del ritorno a un “ordine”, o a uno “stile”.
Interpretando in modo originale i suoi riferimenti culturali, che vanno da Palladio a Frank Lloyd Wright, Scarpa propone nuove logiche compositive per l’architettura, tratta i volumi montandoli e giustapponendoli, articolando strutture, funzioni, dettagli sempre intorno a un nucleo, fisico o concettuale, di grande forza.
Scarpa applica la sua “vocazione trasgressiva” a un’attività progettuale che spazia dal design, agli allestimenti museali e alle architetture d’interni, dalle opere di restauro, ai progetti di nuove costruzioni. Ma sono proprio gli allestimenti, l’intervento sulle architetture storiche e il design degli arredi a caratterizzare in particolare la sua opera.
Lo studio attento dei materiali costruttivi, la formazione all’Accademia di Venezia che lo conduce a un’attenzione al dettaglio sovrabbondante e felice, sono parti di una ricerca sul tema del frammento che unisce raffinatezza e qualità, anche nella composizione dello spazio architettonico.