Dopo i pionieristici ponti ad arco di inizio Novecento, nel dopoguerra il cemento armato trova nei viadotti una delle espressioni più significative della scuola italiana. Pier Luigi Nervi, Riccardo Morandi, Silvano Zorzi, Sergio Musmeci ne rappresentano altrettante declinazioni.
Il ferro-cemento e la prefabbricazione a piè d’opera, utilizzati da Nervi per le strutture olimpiche, tra cui i piloni e l’impalcato del viadotto di Corso Francia, realizzano un equilibrio per forma con sollecitazioni prevalenti a compressione. Solo alcune parti sono in precompresso, come la trave circolare di fondazione del Palazzetto dello Sport o le travi a V di Corso Francia.
Nei viadotti ‘strallati’ di Morandi (di cui il ponte sul torrente Polcevera costituiva un esempio emblematico) le strutture precompresse, esibite in un miracoloso equilibrio nel paesaggio, recitano, invece, un ruolo essenziale.
La prefabbricazione, assieme a sistemi costruttivi inediti, è utilizzata con elegante sobrietà da Zorzi nei viadotti sul Teccio e sul Gorsexio, mentre nel viadotto Sfallassà sono vinti tutti i record di superamento di grandi luci.
Nel ponte sul Basento, infine, Musmeci interpreta le tensioni in una superficie continua e proteiforme, un unicum in cui il progetto continuò durante la realizzazione, comportando continue varianti in corso d’opera.