Luogo: Salerno, Via S. Benedetto, 28
Autore: Ezio Bruno De Felice
Cronologia: 1956 | 1964
Itinerario: Caccia al tesoro
Uso: museo
Il progetto di restauro e adattamento a Museo di parte del Convento di San Benedetto è uno degli episodi più significativi della storia del restauro e della museografia italiana del Novecento, tanto da meritarsi il Premio Nazionale In/Arch del 1966. De Felice, infatti, vi sperimentò una progettazione innovativa che metteva in mostra le contraddizioni diacroniche e strutturali tra l’antico e il moderno, così da realizzare una sintesi dell’elemento preesistente di un’azione sensibile ricca di novità inventive e aderente alle correnti culturali contemporanee.
De Felice operò in una situazione complessa in cui le preesistenze, riportate alla luce tramite demolizioni, avevano perso ogni traccia delle forme originarie, appartenevano a molte epoche diverse e non potevano più assolvere funzioni portanti. Così, furono affiancate da strutture in acciaio ben riconoscibili, che ottemperavano il compito statico e riportavano a nuova unità il complesso. Questa operazione di «ingegneria visiva» appare già nel portico d’entrata, in cui due arcate di un quadriportico del X secolo sono giustapposte a un telaio metallico, che sorregge un nuovo volume.
Il loggiato del XV secolo al primo piano, palesemente fuori piombo, è chiaramente agganciato a una struttura di acciaio, che sostiene anche il tetto e la grossa vetrata retrostante. Altri elementi architettonici, ormai completamente fuori contesto, sono allestiti nella muratura sottostante, utilizzata come un lapidario.
Lo spazio interno, un unico ambiente molto articolato, è dominato dalle linee della struttura portante, che abbraccia il campo visivo e serra gli elementi architettonici antichi. Gli archi e le colonne del Quadriportico, allestiti come elementi liberi, sono ancorati ai cavalletti metallici della struttura tramite travi che attraversano l’ambiente. I cavalletti sono ritmati dal passo del colonnato e sostengono contemporaneamente le grosse bacheche espositive, la vetrata superiore e il tetto.
Si sale al piano superiore tramite una scala in acciaio e legno a quattro rampe, che è pensata essa stessa come parte del percorso espositivo al punto che i parapetti sono trattati come teche. Dal pianerottolo si accede agli spazi destinati a ufficio, posti in un piano ammezzato.
Il primo piano è dominato dalla luce: una grande vetrata inclinata esalta la stratificazione spaziale tra il loggiato del XV secolo, la struttura moderna dei cavalletti, il colonnato al piano sottostante e la passerella in rovere. Un velario di plastica ritmato filtra la luce, che scende da un lungo lucernario illuminando le teche espositive inserite nei parapetti.
Nel nuovo corpo di fabbrica sovrastante il porticato di accesso è collocata, sopra un raffinato basamento in acciaio rivestito di legno, una testa bronzea di Apollo, il pezzo più importante del museo. Purtroppo, il nuovo allestimento del 2013 ha oscurato le finestre sui lati, annullando i mutevoli effetti di chiaroscuro previsti da De Felice.