Palazzo di Lorenzo

Luogo: Gibellina Nuova (TP), SP3 37

Autore: Francesco Venezia

Cronologia: 1980 | 1987

Itinerario: Caccia al tesoro

Uso: Padiglione espositivo

Questo edificio museale non nasce per soddisfare un preciso programma espositivo, ma per custodire i resti della facciata del Palazzo Di Lorenzo, crollato in seguito al terremoto del Belice, nell’anno 1968. Il frammento viene trasportato a Gibellina Nuova e il progetto di Francesco Venezia prevede di rimontarlo all’interno di un palazzo privo di copertura, in un cortile a cielo aperto. L’architetto opera questa scelta in modo che la facciata possa essere percepita da una distanza ravvicinata e non debba confrontarsi con la scala del nuovo centro abitato. 

Il museo si colloca ai margini del nuovo centro abitato, su una piccola collina, e si presenta all’esterno come un parallelepipedo chiuso, ad eccezione di un’unica finestra aperta nel lato lungo. Il nucleo della sua spazialità è tuttavia la corte interna.

Al cortile si accede attraverso una rampa, racchiusa tra due muri, che costeggia il giardino a gradoni, assecondando il declivio della collina.

Una rampa conduce ad una quota più alta rispetto a quella del pavimento della corte, in modo da poter percepire i diversi ordini della facciata da punti di vista sempre ravvicinati.

Francesco Venezia inserisce la facciata all’interno di un muro di arenaria gialla che alterna fasce lisce e fasce bocciardate. Gli altri muri del cortile, invece, sono in tufo giallo di Trapani a corsi paralleli: nella parte bassa sono trattati con giunti sottili, nella parte alta sono realizzati con malta a raso; le due parti sono separate da una trave in calcestruzzo posta alla quota del secondo ordine della facciata. Le diverse trame della pietra catturano la luce e producono ombre mutevoli nei vari momenti della giornata.

La luce attraversa tanto il muro esterno quanto la facciata preesistente, che rimane così ambiguamente sospesa tra una condizione di architettura viva e di romantica rovina. 

Testo Gianpaola Spirito
Foto di Emanuele Piccardo