Luogo: Sanremo (IM), Bonmoschetto, Via Padre Semeria, 191
Autore: Gio Ponti, Antonio Fornaroli, Alberto Rosselli; Romano Rui (ceramiche)
Cronologia: 1955 | 1958
Itinerario: L’architettura contemporanea nel paesaggio
Uso: Luogo di Culto
L’edificazione del Monastero prende origine dal desiderio, espresso dalle Madri Carmelitane di sottrarsi all’atmosfera della città per ritirarsi in un luogo più adeguato alla vita contemplativa. Il sito prescelto è la località di Bonmoschetto, nei pressi di Sanremo, zona collinare a prevalente vocazione agricola, affacciata sulla città e sul mare. La scelta dell’architetto milanese Gio Ponti deriva da una fortunosa serie di coincidenze: le monache chiesero aiuto ai Padri Domenicani della rivista “Art Sacre”, i quali fornirono loro una lista di architetti italiani.
Ponti realizza l’edificio in strettissima collaborazione con la Madre superiora intrecciando con quest’ultima una fitta corrispondenza. L’architetto raccoglie tutte le istanze legate alla regola monastica e progetta un edificio in perfetta armonia con il contesto naturale. Lo stesso Ponti affermava che il suo edificio sarebbe stato compiuto soltanto quando il tempo avesse lasciato i suoi segni e la vegetazione si fosse appropriata delle strutture. La distribuzione planimetrica è organizzata secondo un rigido programma funzionale, rispettato anche nello sviluppo verticale, in cui sono distinti: lo spazio per la clausura, gli spazi per le novizie e quelli destinati al pubblico. Il profilo esterno del complesso costituisce il rigido confine all’interno del quale si articolano i diversi volumi. Sul muro di cinta si aprono due accessi, differentemente caratterizzati: il primo all’area conventuale e il secondo all’area della cappella. L’ingresso al Monastero è il più fortemente connotato: l’apertura genera una cesura che divide il fronte in due setti speculari, lievemente estroflessi, sui quali trovano posto due ordini di aperture quadrate e un coronamento a spiovente; nella parte centrale, lievemente rientrata, si trova la terminazione in metallo con le tre croci.
Il muro di cinta presenta delle aperture di forma rettangolare, anche queste in dialogo con la natura: da ognuna di esse, attraverso una griglia metallica disegnata dallo stesso Ponti, è infatti visibile il mare. La sperimentazione espressiva con gli elementi metallici diventerà la cifra caratterizzante di molti edifici religiosi progettati successivamente da Ponti.
Il secondo accesso, decisamente meno connotato rispetto al precedente, è un semplice cancello in metallo che introduce al sagrato della piccola cappella, all’interno della quale sono celebrate le funzioni per il pubblico. Il sagrato è uno spazio verde, aperto, di forma pentagonale, circoscritto da pareti bianche cieche su tutti i lati salvo che sulla strada. All’interno di questo spazio è contenuta la piccola chiesa, la cui copertura si estende fino a poggiarsi sul muro perimetrale del sagrato. In corrispondenza del punto di contatto tra l’estensione della copertura e il muro esterno del sagrato trova posto un piccolo altare dedicato alla Madonna. Questo accorgimento progettuale sottolinea il carattere di sacralità del luogo, che si estende oltre i confini delimitati dai singoli elementi architettonici.
La chiesa è studiata per consentire un continuo dialogo con lo spazio verde esterno. L’impronta a terra è ottenuta dall’intersezione di un pentagono, spazio destinato all’aula, e un quadrato, dove trova posto il presbiterio. Lungo i tre lati liberi dell’aula sono distribuiti otto setti in calcestruzzo intonacati di bianco, chiusi da pareti di vetro e orientati in modo da accompagnare gli astanti nei vari momenti della funzione religiosa.
I setti sono disposti radialmente, orientati lungo le congiungenti con un fulcro posizionato in corrispondenza dell’altare. Gli stessi pilastri presentano una sezione a forma di losanga molto allungata che consente effetti di rifrazione della luce differenziati nel corso della giornata.
L’orientamento dei setti è studiato per consentire ai fedeli un maggiore raccoglimento durante lo svolgimento delle funzioni, le monache seguono le celebrazioni da un ambiente adiacente al presbiterio e da questo separato da una grata inserita nella parete alla sinistra dell’aula.
Dirigendosi verso l’uscita, la percezione dello spazio si ribalta: i setti perpendicolari allo spettatore si percepiscono appena e lo spazio appare totalmente aperto verso l’esterno, grazie alle pareti vetrate.
Il Monastero è il primo, fatta eccezione per alcune cappelle private, di una serie di importanti edifici sacri progettati da Ponti. Nella realizzazione di questa cappella l’architetto anticipa molti degli accorgimenti inseriti dalla riforma della liturgia, promulgata nel corso del Concilio Vaticano II. Ci si riferisce, in particolare, alla posizione dell’altare, collocato al centro del presbiterio, al di sopra del quale trova posto il tabernacolo.
Come in tutti i suoi lavori, Ponti cura personalmente l’apparato decorativo. Nel caso specifico, adeguandosi alla semplicità del luogo, affida la realizzazione della Via Crucis e dei pannelli decorativi realizzati in ceramica policroma a Romano Rui, scultore e ceramista milanese con il quale collaborerà per molti altri progetti.
Foto di Simone Mizzotti
Testo di Luciano Antonino Scuderi