Luogo: Roma, Via del Casale Solaro, 119
Autore: Francesco Palpacelli (progetto architettonico); Giorgio Romaro (strutture in acciaio); Antonino Zingali (consulenza strutturale); Giorgio Croci, C. Cecconi (opere civili); Giusto Gastone (coordinatore Servizio Costruzioni Impianti Idrici ACEA)
Cronologia: 1985 | 1989
Itinerario: Un paese industrioso An hard-working country
Uso: Acquedotto, rete idrica
La città di Roma è suddivisa, dal punto di vista dell’approvvigionamento idrico, in 50 zone omogenee dalle quali l’acqua viene redistribuita nei quartieri circostanti. Questa ripartizione è necessaria per rimediare ai salti di quota altimetrica del territorio della capitale. Nello specifico, il centro idrico di Vigna Murata distribuisce l’acqua a circa 400.000 abitanti, alimentando i quartieri Eur, Laurentino, Ostiense, fino a raggiungere parte dei quartieri Testaccio, Ripa e San Saba. La struttura, progettata da Franco Palpacelli e Giorgio Romaro con un team di progettisti dell’ufficio tecnico ACEA, si staglia con nitidezza nel paesaggio periurbano romano: le torri di acciaio sono alte circa 120 metri ed il diametro dei due serbatoi anulari è di 7 metri per quello superiore, e di 34 metri per quello inferiore.
La torre di Vigna Murata prosegue la sperimentazione dell’architetto sul tema delle torri idriche, già esplorato nel 1959 quando ottenne il primo premio al concorso di progettazione per un impianto da costruirsi alla Bufalotta. L’impianto della Bufalotta, di grande essenzialità e rigore, venne premiato dall’INARCH, nell’anno 1964, come miglior progetto realizzato nell’ambito della regione Lazio. A differenza di quello di Vigna Murata, l’impianto della Bufalotta è interamente in cemento armato. A Vigna Murata invece Palpacelli e Romaro sperimentano un materiale differente, l’acciaio: più costoso del cemento armato in fase di costruzione, ma meno oneroso nel tempo, dati gli scarsi costi di manutenzione.
L’acciaio usato per la costruzione è di tipo corten, ma ricoperto da pannelli di acciaio inox che, grazie alla loro giacitura verticale, ben si adattano alla geometria cilindrica dei serbatoi. I pannelli di rivestimento del serbatoio inferiore sono in tutto 96 e sono posati con una fuga ben marcata, anche perché nelle intenzioni dei progettisti c’era l’idea di concepire il serbatoio come un enorme orologio solare: il progredire delle ombre sulla superficie cilindrica segna infatti lo scorrere del tempo, corrispondendo ciascun pannello a un’unità temporale di 15 minuti.
Al piede della torre restano in vista le platee di fondazione e le tubazioni idriche. Queste ultime sono state colorate in modo da rendere chiaro il funzionamento dell’impianto, con i tubi blu che indicano le partenze, i gialli che segnalano gli scarichi e i rossi che indicano gli arrivi. Le torri vere e proprie, oltre a sorreggere i due serbatoi anulari, ospitano gli ascensori e le scale di sicurezza che raggiungono le varie quote dell’impianto.
I progettisti avevano predisposto anche una terrazza praticabile sopra il serbatoio e uno spazio ristoro in cima alla torre piezometrica, nell’auspicio che la struttura fosse aperta al pubblico; originariamente infatti la torre avrebbe dovuto far parte di un centro polifunzionale più ampio, il “Parco scientifico dell’acqua”, che purtroppo ACEA non ha mai realizzato.