Centro della Cooperazione

Luogo: Trento, via Giovanni Segantini

Autore: Luciano Perini

Cronologia: 1971 | 1977

Itinerario: Un paese industrioso

Uso: Uffici e direzionale

Nell’Italia dei primi anni Settanta, ancora sospinta dall’effetto volano di quel “miracolo economico” che vedrà il suo primo rallentamento solo alla fine del decennio, grande spazio prende l’esigenza di progettare nuovi luoghi per il lavoro d’ufficio. Sono questi gli anni dei grandi concorsi per i centri direzionali, in cui si realizzano nuovi distretti e vere e proprie parti di città interamente dedicate al lavoro d’ufficio. Non sono solo le città di Roma e Milano ad avviare questo genere di progetti, ma tutti i capoluoghi di regione cambiano volto in quegli anni, realizzando strutture per uffici di grande scala. Così accade anche a Trento, dove Luciano Perini progetta nel 1971 questo interessante luogo del lavoro, interamente rivestito in pannelli di cemento.

Coautore, insieme a Efrem Ferrari, del più noto quartiere Madonna Bianca, Perini trasferisce in Trentino la sua esperienza dell’architettura nordeuropea, anglosassone in particolare. Egli infatti, laureatosi in ingegneria a Padova nel 1954, si laurea successivamente in architettura all’università di Londra, ricevendo in quegli anni un’impostazione linguistica ravvisabile in seguito nel suo lavoro professionale. Anche nel Centro per la Cooperazione si coglie facilmente questa influenza, evidente tanto nella scelta del materiale e dei sistemi di prefabbricazione, quanto nella composizione dei volumi, come è dimostrato dalla minore attenzione posta ai dettagli a fronte della grande cura posta all’effetto complessivo, di calibrato dinamismo, di questa lunga quinta urbana.

Il rivestimento dell’edificio è realizzato interamente in pannelli prefabbricati di calcestruzzo armato, così come i solai; nell’uso massiccio dell’elemento prefabbricato si ravvisa nuovamente l’ascendenza anglosassone della formazione dell’architetto.

La struttura portante è arretrata rispetto al filo facciata, per consentire lo svolgersi di un unico ininterrotto nastro vetrato lungo ogni piano. I serramenti sono tutti in alluminio, di sezione molto ridotta.

La terminazione nord del lungo corpo di fabbrica presenta un prospetto arretrato, per liberare i pilastri che in quel punto perdono di regolarità e assumono un ritmo sincopato. L’attacco al cielo dell’edificio, sempre sul lato nord, è stato in seguito modificato per l’aggiunta dei necessari volumi tecnici. Ciò ha prodotto sicuramente un appesantimento della testata, ma non ha inficiato grandemente l’immagine complessiva, che beneficia di un’unità di scala maggiore, in grado di prescindere dal dettaglio.

Testo di Manuela Raitano
Foto di Marco Introini